Wojtyla: una famiglia di santi

Polonia, autunno 1932: una giovane paziente ricoverata nel reparto malattie infettive dell’ospedale di Bielsko lotta tra la vita e la morte. La ragazza è affetta da scarlattina e nessun medico vuole di visitarla. È incurabile e non sono disponibili antibiotici adatti per quella patologia. Soltanto il capo reparto trova il coraggio di avvicinarsi a lei ad un solo scopo: salvarla a tutti costi. Un sacrificio vano: la giovane morirà e anche il medico, contagiatosi, dopo pochi giorni, la seguirà nel suo tragico destino. Una toccante storia di eroismo quotidiano, che inevitabilmente fa pensare ai tanti medici che stanno rischiando la vita in questi giorni, curando i malati di Covid-19, in molti casi pagando il prezzo più alto.

La vicenda polacca riportata era forse poco nota ma il cognome dell’eroico dottore è assai altisonante. Edmund Wojtyla (1906-1932), primogenito di Karol ed Emilia Wojtyla, si era laureato in medicina nel 1929 all’Università Jagellonica di Cracovia. A 26 anni era diventato caporeparto per le malattie infettive all’ospedale di Bielsko, incarico ricoperto per poche settimane e concluso con la morte, avvenuta nel dicembre 1932. “Ha dato la sua giovane vita per l’umanità sofferente”, titolò un giornale locale. Al suo funerale, una folla commossa di migliaia di persone venne a salutare per l’ultima volta Edmund Wojtyla, acclamandolo come santo per l’incredibile abnegazione dimostrata. Tutti si strinsero intorno al padre Karol e al fratellino Karol jr., il futuro papa, allora dodicenne, già molto provati per la scomparsa di Emilia, avvenuta tre anni prima. “La morte di mia madre mi si è profondamente incisa nella memoria, e forse più ancora quella di mio fratello, a causa delle circostanze drammatiche in cui avvenne, e perché io ero più maturo”, raccontò molti anni dopo Giovanni Paolo II, intervistato da André Frossard.

Evidentemente nella famiglia Wojtyla il gene della santità doveva essere particolarmente radicato. Non è un caso che, lo scorso 11 marzo, a Cracovia, è stato aperto il processo di canonizzazione dei coniugi Karol ed Emilia. L’annuncio ufficiale dell’arcivescovo metropolita di Cracovia, monsignor Marek Jedraszewski, è seguito ai placet della Conferenza Episcopale Polacca, lo scorso autunno, e poi della Congregazione delle Cause dei Santi. Genitori di un santo, destinati anch’essi agli altari: un privilegio finora capitato soltanto a Louis Martin (1823-1894) e Marie-Azélie Guérin (1831-1877), padre e madre di Santa Teresa di Lisieux, entrambi canonizzati nel 2015. Karol Wojtyla sr. (1879-1941) ed Emilia Kaczorowska (1884-1929) si sposarono a Cracovia il 10 febbraio 1904, poi, nel 1906, Emilia diede alla luce il loro primogenito Edmund. La seconda figlia Olga nacque nel 1914 ma morì poco dopo la nascita, seguita da Karol jr. nel 1920. I coniugi Wojtyla erano di umili origini. Figlio di un sarto, Karol seguì inizialmente le orme paterne, per intraprendere in seguito la carriera militare, diventando sottoufficiale dell’esercito austriaco, poi, dopo il disfacimento dell’impero asburgico, fu ufficiale in quello polacco. Molto religioso, Karol conobbe la futura moglie in parrocchia. Emilia, che aveva avuto un’infanzia e un’adolescenza molto dolorose, con la morte di quattro fratelli e di entrambi i genitori, fu educata presso un collegio delle suore della Misericordia, iniziando a lavorare prestissimo come sarta. Emilia e Karol si distinguevano per la loro innata e sobria eleganza, che forse strideva con la loro estrazione sociale medio-bassa. Notevole era, in particolare, la loro rettitudine morale, la loro dedizione al lavoro e la loro devozione. Quando già era papa, Giovanni Paolo II raccontò di aver visto il padre molte volte inginocchiato in preghiera, anche di notte.

Emilia visse il suo momento più difficile dopo la morte della piccola Olga. A soli trent’anni iniziò a sperimentare un declino fisico fatto di terribili mal di schiena, capogiri e insufficienza renale. Spesso rimaneva immobilizzata a letto per giorni. I medici le consigliarono vivamente di non avere più altri figli, al punto che, quando a 35 anni rimase incinta di Karol jr., il loro ordine fu tassativo: il piccolo andava abortito. Donna mite ma determinatissima, Emilia si affidò completamente a Dio: la vita di quel figlio veniva prima della sua. Dopo una gravidanza soffertissima, il 18 maggio 1920 nacque Karol jr. Il bambino crebbe nell’affetto profondissimo verso la madre che, così eroicamente l’aveva messo al mondo. La spiccata attenzione alla sacralità della vita, che divenne parte non secondaria del magistero di San Giovanni Paolo II e che vide il suo momento culminante nell’enciclica Evangelium vitae (1995), nasce proprio dalla gratitudine verso il coraggio materno. Anche la potente devozione mariana maturata nel cuore di Karol è verosimilmente frutto del costante struggimento per l’amata madre terrena, venuta a mancare. Profondamente scosso per quella perdita, il futuro papa, molti anni dopo dedicò alla madre la celebre poesia Sulla tua bianca tomba:

«Sulla tua tomba bianca / Fioriscono bianchi fiori della vita. /
Oh, quanti anni sono stati senza di te, /  Quanti anni fa? / Sulla tua tomba bianca / Da tanti anni già chiusa: / Come se in alto qualcosa si innalzasse, / Come la morte incomprensibile. / Sulla tua tomba bianca, / O madre, mio spento amore, / Con tanto affetto filiale /Faccio preghiera: / Dio, donale eterno riposo».

In quegli anni e in quelli immediatamente successivi, Edmund e Karol jr. sperimentarono sulla loro pelle l’assenza della madre, sottoposta a lunghi e frequenti ricoveri, durante i quali Karol sr., con abnegazione, si dedicava alla cucina, alle pulizie e a tutte le faccende domestiche normalmente sbrigate dalla moglie. Da parte sua, Edmund, allora studente in medicina, aiutava il fratellino con la matematica, in cui inizialmente era carente, salvo poi diventare il primo della classe in quella materia. Dopo il secondo grande trauma patito per la morte del fratello, Karol jr. trascorre gli anni dell’adolescenza assieme al padre in un dolore dignitoso ma la vita va avanti e il ragazzo cresce plasmato dalla fede ma anche pieno di sogni e ideali alti. A 18 anni, poi, Karol jr. lascia Wadowice, per trasferirsi a Cracovia, dove inizia gli studi letterari e coltiva la sua grande passione per il teatro assieme ai colleghi d’università. Il padre lo segue ed è al suo fianco ancora per tre anni. Quando Karol sr. muore, nel 1941, da due anni, la Polonia è occupata dai nazisti e il figlio, per evitare l’arresto o la deportazione, è costretto a iniziare a lavorare in fabbrica. Il resto è storia…

Una vicenda familiare, quella dei Wojtyla, che, in un’ottica terrena e materialista, potrà apparire come segnata unicamente dal lutto e dalla sofferenza. Vista con uno sguardo “celeste”, tuttavia, questa storia assume un valore completamente diverso e ci rimanda a un principio solo apparentemente banale e scontato: l’importanza di pregare e di dare il buon esempio in famiglia. Semplicemente accogliendo la propria vocazione matrimoniale, Karol ed Emilia Wojtyla si sono santificati e il loro amore genitoriale ha generato ulteriore santità. Sembra poco ma la vita eterna si conquista anche così.

Luca Marcolivio – Cristiani Today