– La teologia del corpo è la parte più controversa dell’insegnamento di Giovanni Paolo II nei tempi di oggi – ha affermato Mons. Marek Jędraszewski durante il convegno “Il pensiero teologico di San Giovanni Paolo II” tenutosi nella chiesa di San Stanislao Vescovo e Martire a Roma .
All’inizio della sua conferenza, mons. Marek Jędraszewski ha sottolineato che non esiste una teologia propria di un papa, pronunciata sotto la sua personale responsabilità; È sempre un messaggio a nome della Chiesa. Il che non significa però che ciò un determinato papa pubblica, proclama, trasmette non contenga le sue riflessioni personali o le sue esperienze precedenti. Nelle pubblicazioni papali si può trovare l’eco dei contesti storici e delle sfide del tempo a cui bisognava rispondere. L’arcivescovo ha citato il libro “Persona e azione” del cardinale Karol Wojtyła del 1969, che presenta una concezione dinamica della persona umana. – Secondo Karol Wojtyła l’uomo si definisce attraverso le sue azioni. (…) Sono le buone azioni dal punto di vista morale che determinano la realizzazione della persona. Le azioni moralmente cattive sono una diminuzione della persona – ha dichiarato il metropolita di Cracovia, sottolineando che l’autore di azioni moralmente buone è la persona quando prende decisioni dal profondo della sua coscienza ben formata. Mons. Marek Jędraszewski ha sottolineato che il concetto del primato della verità sulla libertà è stato poi evidenziato nell’insegnamento pontificio di Giovanni Paolo II, soprattutto nelle encicliche Redemptor hominis, Veritatis splendor, Evangelium vitae. Successivamente il metropolita si è concentrato su due correnti strettamente legate della teologia di Giovanni Paolo II, la cristologia e l’antropologia, che erano state messe in luce fin dalla prima enciclica. Da papa ha proclamato che la verità sull’uomo è rivelata in Gesù Cristo. Un altro elemento della filosofia che Karol Wojtyła scoprì in Polonia e portò a Roma fu la teologia della divina misericordia, sviluppata nella sua seconda enciclica Dives in Misericordia. Mons. Marek Jędraszewski ha osservato che tra i tre criteri della civiltà dell’amore indicati da Paolo VI – il primato dei valori spirituali su quelli materiali, cioè l'”essere” prima dell'”avere”, l’uomo (la persona) prima della cosa, ed etica prima della tecnica – Giovanni Paolo II ha aggiunto un nuovo criterio: il primato della misericordia sulla giustizia. Il filone successivo dell’insegnamento papale, proveniente sempre dalla Polonia, sul quale ha sottolineato l’arcivescovo Marek Jędraszewski, è la teologia del corpo. Il Metropolita di Cracovia ha ricordato che Paolo VI, in risposta alla rivoluzione del 1968, pubblicò l’enciclica Humanae Vitae, nella cui stesura furono fortemente coinvolti il cardinale Karol Wojtyła e l’ambiente cracovinese legato alla pastorale della famiglia. Da papa, nei primi cinque anni del suo pontificato, tenne il catechismo sulla teologia del corpo nelle udienze del mercoledì, e alla famiglia fu dedicato il primo sinodo del suo pontificato, da cui scaturì l’esortazione apostolica Familiaris consortio. Mons. Marek Jędraszewski ha sottolineato che la teologia del corpo è oggi la parte più controversa dell’insegnamento di Giovanni Paolo II. Per concludere, il metropolita di Cracovia ha parlato di altri due correnti dell’insegnamento pontificio legate alle esperienze personali di Giovanni Paolo II: la teologia della bellezza, poiché egli stesso fu attore e poeta, e la teologia della pace, poiché egli sopravisse la Seconda Guerra Mondiale. L’arcivescovo ha sottolineato che il modello di risoluzione dei conflitti che Karol Wojtyła ha preso dall’episcopato polacco è stato il famoso Messaggio dei vescovi polacchi ai vescovi tedeschi, in cui sono risuonate le parole “perdoniamo e chiediamo perdono”. Fu spesso richiamato dal Papa, durante la guerra delle Falkland o la guerra dei Balcani. È stato caratterizzato anche dall’omaggio reso ai martiri che, nei momenti di massima umiliazione e odio, hanno trionfato per la loro fedeltà a Dio e per il loro amore verso il prossimo. In questo contesto l’arcivescovo ha ricordato le canonizzazioni di Massimiliano Kolbe e Edith Stein, effettuate da Giovanni Paolo II.