Effatà, cioè Apriti! All’Angelus recitato dalla finestra del Palazzo Apostolico, nella prima domenica di settembre, il Papa evoca il brano del Vangelo di Marco riguardante la guarigione del sordomuto per sottolineare l’importanza del silenzio e dell’ascolto. Il racconto evidenzia l’esigenza di una duplice guarigione: quella dalla malattia e dalla sofferenza fisica e la seconda, quella affrontata oggi da Francesco, del cuore.
Il segno prodigioso
Francesco spiega che in altre guarigioni, per infermità altrettanto gravi, come la paralisi o la lebbra, Gesù non compie tanti gesti ma in questa occasione, nonostante gli abbiano chiesto solo di imporre la mano al malato, lo prende in disparte, gli pone le dita negli orecchi e con la saliva gli tocca la lingua, quindi guarda verso il cielo, sospira e dice: Effatà. Questo perché, spiega il Papa, “la condizione di quella persona ha una particolare valenza simbolica e ha qualcosa da dire a tutti noi. Di che cosa si tratta? Della sordità. Quell’uomo non riusciva a parlare perché non poteva sentire. Gesù, infatti, per risanare la causa del suo malessere, gli pone anzitutto le dita negli orecchi”.
La sordità del cuore
E a proposito dell’importanza imprescindibile dell’ascolto, il Papa mette in guardia dai rischi di diventare “impermeabili a tutto” e sordi persino davanti ai figli, ai giovani, agli anziani e a molti che non hanno tanto bisogno di parole e di prediche: “Pensiamo alla vita in famiglia: quante volte si parla senza prima ascoltare, ripetendo i propri ritornelli sempre uguali! Incapaci di ascolto, diciamo sempre le solite cose”. La preoccupazione di Francesco è quella di un’umanità che si chiude in una presunta autonomia, nella quale finisce per trovarsi isolata nei confronti di Dio e spesso anche del prossimo. A quest’uomo Gesù si rivolge per restituire la capacità di aprirsi in atteggiamento di fiducia e di amore gratuito.
Tutti abbiamo gli orecchi ma tante volte non riusciamo ad ascoltare. C’è infatti una sordità interiore, che oggi possiamo chiedere a Gesù di toccare e risanare. È peggiore di quella fisica, è la sordità del cuore. Presi dalla fretta, da mille cose da dire e da fare, non troviamo il tempo per fermarci ad ascoltare chi ci parla.
L’invito del Papa è rivolto ai fedeli ma in modo speciale “ai preti, per i sacerdoti” perché “il sacerdote deve ascoltare la gente, non andare di fretta. Ascoltare e vedere come li può aiutare, ma dopo avere sentito”. Prima ascoltare, poi rispondere.
La rinascita di un dialogo passa dall’ascolto
E, a tal proposito, Francesco fa notare che è lo stesso primo comandamento nel Vangelo a chiederci di essere attenti e di prestare attenzione. E lo stesso vale con il Signore: “Facciamo bene a inondarlo di richieste, ma faremmo meglio a porci anzitutto in suo ascolto. Siamo cristiani ma magari, tra le migliaia di parole che sentiamo ogni giorno, non troviamo qualche secondo per far risuonare in noi poche parole del Vangelo. Gesù è la Parola: se non ci fermiamo ad ascoltarlo, passa oltre”. E l’ascolto, continua il Papa, è anche la via maestra per riannodare i fili di un dialogo interrotto.
La rinascita di un dialogo, spesso, passa non dalle parole, ma dal silenzio, dal non impuntarsi, dal ricominciare con pazienza ad ascoltare l’altro, le sue fatiche, quel che porta dentro. La guarigione del cuore comincia dall’ascolto.
Il segreto per la salute spirituale
Francesco rileva, infine, che lo stato di “salute spirituale” di ciascuno dipende dal tempo che si dedica al Vangelo: “Ecco la medicina: ogni giorno un poco di silenzio e di ascolto, qualche parola inutile in meno e qualche Parola di Dio in più. Sentiamo rivolta a noi oggi, come nel giorno del Battesimo, quella parola di Gesù: “Effatà, apriti”! Gesù, desidero aprirmi alla tua Parola, aprirmi all’ascolto. Guarisci il mio cuore dalla chiusura, dalla fretta e dall’impazienza”.
“La Vergine Maria” conclude il Papa “aperta all’ascolto della Parola, che in lei si fece carne, ci aiuti ogni giorno ad ascoltare suo Figlio nel Vangelo e i nostri fratelli e sorelle con cuore docile, paziente e attento”.
La preghiera per il popolo afgano e per le vittime dell’uragano
Al termine della preghiera mariana dell’Angelus il Papa ha ricordato la beatificazione di Mamerto Esquiú, avvenuta ieri a Catamarca, in Argentina e ha pregato per il popolo afgano. Francesco ha inoltre assicurato la sua preghiera per le popolazioni degli Stati Uniti d’America colpite nei giorni scorsi dall’uragano ed ha rivolto un augurio speciale “a tutti i fratelli e le sorelle di religione ebraica” per il Capodanno “Rosh Ha-Shanah”, e per le due feste: “Yom Kippur” e “Sukkot”. Infine ha ricordato il suo viaggio a Budapest per la conclusione del Congresso Eucaristico Internazionale e la prosecuzione del pellegrinaggio in Slovacchia. “Giorni” ha detto Francesco “segnati dall’adorazione e dalla preghiera nel cuore dell’Europa. In conclusione ha ricordato la memoria di Santa Teresa di Calcutta, “per tutti Madre Teresa. Un bell’applauso!”
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