stacja7.pl

Bonaventura da Bagnoregio

Bonaventura da Bagnoregio (Bagnoregio, 1217/1221 circa – Lione, 15 luglio 1274) è stato un cardinale, filosofo e teologoitaliano. Denominato Doctor Seraphicus, insegnò alla Sorbona di Parigi e fu amico di san Tommaso d’Aquino.

Vescovo e cardinale, dopo la morte venne canonizzato da papa Sisto IV nel 1482 e proclamato Dottore della Chiesa da papa Sisto V nel 1588. È considerato uno tra i più importanti biografi di san Francesco d’Assisi. Infatti alla sua biografia — la Legenda Maior — si ispirò Giotto per il ciclo delle storie sul Santo nella basilica di Assisi.

Per diciassette anni — dal 1257 — fu ministro generale dell’Ordine francescano, del quale è ritenuto uno dei padri: quasi un secondo fondatore. Sotto la sua guida furono pubblicate le Costituzioni narbonesi, su cui si basarono tutte le successive costituzioni dell’Ordine.

La visione filosofica di Bonaventura partiva dal presupposto che ogni conoscenza derivi dai sensi: l’anima conosce Dio e se stessa senza l’aiuto dei sensi esterni. Risolse il problema del rapporto tra ragione e fede in chiave platonico-agostiniana.

È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, che celebra la sua memoria obbligatoria il 15 luglio o il giorno precedente nella forma straordinaria.

La data in cui Bonaventura venne alla luce non è certa e viene collocata tra il 1217 e il 1221. Nacque a Civita di Bagnoregio, in Tuscia, oggi provincia di Viterbo. Era figlio di Giovanni di Fidanza, medico, e di Rita (o Ritella). Iniziò i suoi studi giovanili nel convento di San Francesco “vecchio”, situato a metà strada tra Bagnoregio e Civita. Nel 1235 si recò a Parigi a studiare nella facoltà delle Arti e successivamente, nel 1243, nella facoltà di teologia. Probabilmente in quello stesso anno entrò tra i Frati Minori (Minoriti). I suoi studi di teologia terminarono nel 1253, quando divenne magister (cioè “maestro”) di teologia e ottiene la licentia docendi (la “licenza d’insegnare”).

Tra il 1262 e il 1264 Bonaventura fu priore del convento di San Francesco ad Orvieto che fece ristrutturare. I francescani erano di casa ad Orvieto. I Mendicanti di Francesco dovevano essere in città almeno fin dal 1216 (ben prima dell’approvazione della Regola) nel luogo stesso dove sarà edificato il complesso attuale di San Francesco, chiesa e convento; presumibilmente sul preesistente sito della citata S. Maria in Pulzella chiesa “detta Nunziata” nel quartiere di Serancia: dove sorgerà il quartier generale dei Monaldeschi.

Quello dei Frati Minori fu il primo Ordine ad insediarsi ufficialmente in Orvieto nel 1228 o 1229 presso S. Pietro in Vetera: dove è il sito del santuario federale Fanum Voltumnae di Velsna, Volsinii Etruriae capita (Tito Livio), Orvieto etrusca. Francesco era morto il 3 ottobre 1226. La Regola era stata approvata da Onorio III nell’ottobre 1223. Tracce del passaggio di Francesco nel territorio orvietano restano a La Scarzuola, dove è raffigurato il suo ritratto più antico; a Pantanelli, dove dimorò e predicò ai pesci sul Tevere; ad Alviano e Lugnano, dove predicò agli uccelli.

San Bonaventura, francescano, venti giorni dopo l’indizione della festa del Corpus Domini predicò il Sermo de sanctissimo corpore Christi alla presenza di papa Urbano IV e del concistoro generale. Bonaventura, con Tommaso d’Aquino, è stato tra i protagonisti di quell’evento rilevante nella storia religiosa ma anche nella storia della cultura: veniva istituita, infatti, una nuova festa per la Chiesa latina, incentrata sul mistero dell’eucaristia. Bonaventura e Tommaso, i dottori “seraphicus” ed “angelicus“, furono due protagonisti del pensiero filosofico e teologico del tempo: erano stati entrambi cattedratici presso lo Studiumorvietano, l’antica università della città. Nel 1250 il papa aveva autorizzato il cancelliere dell’Università a conferire la licenza di insegnamento a religiosi degli ordini mendicanti, sebbene ciò contrastasse con il diritto di cooptare i nuovi maestri rivendicato dalla corporazione universitaria. Nel 1253, di fatti, scoppiò uno sciopero al quale tuttavia i membri degli ordini mendicanti non si associarono. La corporazione universitaria richiese loro un giuramento di obbedienza agli statuti, ma essi rifiutarono e pertanto vennero esclusi dall’insegnamento.

Questa esclusione colpì anche Bonaventura, che fu maestro reggente fra il 1253 e il 1257. Nel 1254 i maestri secolari denunciarono a papa Innocenzo IV il libro del francescano Gerardo di Borgo San Donnino, Introduzione al Vangelo eterno. In questo testo fra’ Gerardo, rifacendosi al pensiero di Gioacchino da Fiore, annunciava l’avvento di una «nuova età dello Spirito Santo» e di una «Chiesa cattolica puramente spirituale fondata sulla povertà», profezia che si doveva realizzare attorno al 1260. In conseguenza di questo il Papa — poco prima di morire — annullò i privilegi concessi agli ordini mendicanti.

Il nuovo pontefice papa Alessandro IV condannò il libro di Gerardo con una bolla nel 1255, prendendo tuttavia posizione a favore degli ordini mendicanti e senza più porre limiti al numero delle cattedre che essi potevano ricoprire. I secolari rifiutarono queste decisioni, venendo così scomunicati, anche per il boicottaggio da loro operato ai danni dei corsi tenuti dai frati degli ordini mendicanti. Tutto questo nonostante che i primi avessero l’appoggio del clero e dei vescovi, mentre il re di Francia Luigi IX si trovava a sostenere le posizioni dei mendicanti.

Ministro generale e teologo

Nel 1257 Bonaventura venne riconosciuto magister. Nello stesso anno fu eletto Ministro generale dell’Ordine francescano, rinunciando così alla cattedra. A partire da questa data, preso dagli impegni del nuovo servizio, accantonò gli studi e compì vari viaggi per l’Europa.

Il suo obiettivo principale fu quello di conservare l’unità dei Frati Minori, prendendo posizione sia contro la corrente spirituale (influenzata dalle idee di Gioacchino da Fiore e incline ad accentuare la povertà del francescanesimo primitivo), sia contro le tendenze mondane insorte in seno all’Ordine. Favorevole a coinvolgere l’Ordine francescano nel ministero pastorale e nella struttura organizzativa della Chiesa, nel Capitolo generale di Narbona del 1260 contribuì a definire le regole che dovevano guidare la vita dei suoi membri: le Costituzioni, dette appunto Narbonensi. A lui, in questo Capitolo, venne affidato l’incarico di redigere una nuova biografia di san Francesco d’Assisi che, intitolata Legenda Maior, diventerà la biografia ufficiale nell’Ordine.

Infatti il Capitolo generale successivo, del 1263 (Pisa), approvò l’opera composta dal Ministro generale; mentre il Capitolo del 1266, riunito a Parigi, giunse a decretare la distruzione di tutte le biografie precedenti alla Legenda Maior, probabilmente per proporre all’Ordine una immagine univoca del proprio fondatore, in un momento in cui le diverse interpretazioni fomentavano contrapposizioni e conducevano verso la divisione.

In modo analogo a Tommaso d’Aquino che rifiutò ripetutamente la proposta di essere nominato Arcivescovo di Napoli, nel 1265 fu nominato arcivescovo di York dal neoeletto papa Clemente IV (mai beatificato), incarico che, dopo numerose richieste al Sommo Pontefice, gli fu consentito di lasciare l’anno seguente.

Ultimi anni

Negli ultimi anni della sua vita Bonaventura intervenne nelle lotte contro l’aristotelismo e nella rinata polemica fra maestri secolari e mendicanti. A Parigi, tra il 1267 e il 1269, tenne una serie di conferenze sulla necessità di subordinare e finalizzare la filosofia alla teologia. Nel 1270 lasciò Parigi per farvi però ritorno nel 1273, quando tenne altre conferenze nelle quali attaccava quelli che erano a suo parere gli errori dell’aristotelismo. Peraltro, negli anni tra il 1269 ed il 1271, fu spesso a Viterbo ove si svolgeva il famoso, lunghissimo conclave, per tenere numerosi sermoni volti ad accelerare ed indirizzare la scelta dei cardinali; alla fine fu eletto papa Gregorio X, cioè quel Tedaldo Visconti di cui Bonaventura era amico da molti anni.

Fu proprio papa Gregorio X a crearlo cardinale vescovo con titolo di Albano nel concistoro del 3 giugno 1273, mentre Bonaventura soggiornava nel convento del Bosco ai Frati presso Firenze; l’anno successivo partecipò al Concilio di Lione (in cui favorì un riavvicinamento fra la Chiesa latina e quella greca), nel corso del quale morì, forse a causa di un avvelenamento, stando almeno a quanto affermò in seguito il suo segretario, Pellegrino da Bologna.

Pierre de Tarentaise, futuro papa Innocenzo V, ne celebrò le esequie e Bonaventura venne inumato nella chiesa francescana di Lione. Intorno all’anno 1450 la salma venne traslata in una nuova chiesa, dedicata a San Francesco d’Assisi; la tomba venne aperta e la sua lingua venne trovata in perfetto stato di conservazione: questo fatto ne facilitò la canonizzazione, che avvenne ad opera del papa francescano Sisto IV il 14 aprile 1482, e la nomina a dottore della Chiesa, compiuta il 14 marzo1588 da un altro francescano, papa Sisto V.

Le reliquie: il «santo braccio»

Il 14 marzo 1490, a seguito della ricognizione del corpo del santo a Lione, venne estratta una parte del braccio destro del santo e composta in un reliquiario d’argento che l’anno seguente fu portato a Bagnoregio. Oggi il «santo braccio» è la più grande delle reliquie rimaste di san Bonaventura dopo la profanazione del suo sepolcro e la dispersione dei suoi resti compiuta dagli Ugonotti nel 1562. Si trova custodito a Bagnoregio nella concattedrale di San Nicola. Da esso, nel corso degli anni, sono state ricavate alcune reliquie minori.

L’ordine trinitario del mondo.

Bonaventura elaborò una teologia trinitaria di derivazione agostiniana, in quanto volle evidenziare l’unità del Dio-Trino, come forza, che unisce le tre persone. Ma tale unità è conciliabile con la pluralità delle persone: unità e trinità sono sempre insieme. I dati presenti nella Scrittura presentano all’uomo la verità rivelata: in Dio vi sono tre persone. Due sono le fasi dell’auto-rivelazione di Dio: la prima nella creazione, la seconda in Cristo. Il mondo, per Bonaventura, è come un libro da cui traspare la Trinità che l’ha creato. Noi possiamo ritrovare la Trinità extra nos (cioè “fuori di noi”), intra nos (“in noi”) e super nos (“sopra di noi”). Infatti, la Trinità si rivela in 3 modi:

  • come vestigia(o impronta) di Dio, che si manifesta in ogni essere, animato o inanimato che sia;
  • come immaginedi Dio, che si trova solo nelle creature dotate d’intelletto, in cui risplendono memoria, intelligenza e volontà;
  • come similitudinedi Dio, che è qualità propria delle creature giuste e sante, toccate dalla Grazia e animate da fede, speranza e carità; quindi, quest’ultima è ciò che ci rende “figli di Dio”.

La Creazione dunque è ordinata secondo una scala gerarchica trinitaria e la natura non ha sua consistenza, ma si rivela come segno visibile del principio divino che l’ha creata; solo in questo, quindi, trova il suo significato. Bonaventura trae questo principio anche da un passo evangelico, in cui i discepoli di Gesù dissero:

«Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!» Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli.» Ma egli rispose: «Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre.»»(Lc, 19,38-40)
Le creature, dunque, sono impronte, immagini, similitudini di Dio, e persino le pietre “gridano” tale loro legame col divino.