La sofferenza di S. Giovanni Paolo II ha aiutato molti ammalati e morenti a sopportare la sofferenza del corpo e dello spirito – sostiene l’ex segretario del Papa, il Card. Stanisław Dziwisz. Come afferma, il 16 ° anniversario della morte di S. Giovanni Paolo II coincide con il Venerdì Santo, vissuto nell’era di una pandemia.
Il Metropolita emerito di Cracovia ha detto a PAP (Agenzia di Stampa Polacca) che, nonostante il passare del tempo, il ricordo della dipartita di Giovanni Paolo II è ancora vivo. “È stato un periodo umanamente triste e doloroso, ma anche pieno di luce” – ha osservato il Card. Dziwisz, aggiungendo che subito dopo la morte del Papa non è stato recitato l'”Eterno Riposo”, ma è stato cantato il “Te Deum”, ringraziando Dio per la vita del Santo Padre.
L’ex segretario del Papa ha affermato che gli eventi di 16 anni fa sono stati, da parte di Giovanni Paolo II, una lezione di fiducia illimitata nella misericordia di Dio, l’umile accoglienza del mistero della morte, ma anche una lezione di solidarietà e di comunità.
Il Card. Stanisław Dziwisz ha sottolineato in un’intervista a PAP che il Papa ha accettato la sofferenza “con umiltà e anche con una certa serenità”. “La sua umiltà si manifestava anche nel fatto che non evitava le telecamere, gli incontri con le persone, anche se sapeva che avrebbero visto la sua debolezza e persino la sua disabilità fisica. Ha avuto un grande coraggio: mostrare al mondo la sua sofferenza. Credo che questo abbia aiutato molte persone ammalate e morenti a sopportare la sofferenza del corpo e dello spirito”- ha spiegato il Metropolita emerito di Cracovia. Tuttavia, ha aggiunto, ciò non significa che il Santo Padre ostentasse la sofferenza, ma che ha accettato con semplicità l’aiuto e ha mostrato una gratitudine umana sincera.
Secondo il card. Dziwisz l’intreccio tra il Venerdì Santo e l’anniversario della morte di S. Giovanni Paolo II può essere letto simbolicamente, soprattutto nel contesto della pandemia. “La lezione che Giovanni Paolo II ha dato al mondo quando è tornato alla casa del Padre, può essere fonte di consolazione e sollievo per chi si dispera per la morte dei propri cari, così come per chi teme per la propria salute e sicurezza”, ha detto l’ex Segretario del Papa. A suo avviso, gli eventi a cavallo tra marzo e aprile 2005 sono stati un momento di solidarietà interpersonale. ” Il cardinale ha parlato anche della grande importanza che aveva la Via Crucis per il Santo Padre. Ha sottolineato come S. Giovanni Paolo II fosse l’uomo della Croce, che l’ha portata fino alla fine. “Sono stato testimone quotidiano di questa Via Crucis, del suo servizio, del suo coraggio, del suo totale affidamento a Gesù e a sua Madre”, ha aggiunto l’Arcivescovo emerito di Cracovia.
Il Card. Stanisław Dziwisz ha sottolineato che la pandemia ricorda alle persone che non sono immortali e che Dio può chiamarci a Sé in qualsiasi momento. Ha ricordato che la vita è degna di essere vissuta fino alla fine, e il processo del trapasso legato alla sofferenza non è meno prezioso agli occhi di Dio del tempo in cui si vive nella pienezza delle proprie forze. L’ex Segretario di San Giovanni Paolo II ha anche chiesto di non rimandare la riconciliazione con Dio e con il prossimo. “Bisogna essere preparati in ogni momento all’incontro con il Signore misericordioso. La pandemia ci ha resi coscienti di questo, perché molti non solo non sono riusciti a salutare i propri cari, ma se ne sono andati anche con un fardello di colpe che non sono riusciti a riparare “- ha detto il Vescovo emerito di Cracovia.
- Giovanni Paolo II è morto alla vigilia della Domenica della Divina Misericordia che lui stesso aveva stabilito. Essa è preceduta da una novena alla Divina Misericordia, che inizia il Venerdì Santo. Il desiderio di istituire la Festa della Misericordia la prima domenica dopo Pasqua è stato espresso da Gesù stesso nella rivelazione a S. Faustina Kowalska. “In questo giorno le viscere della Mia Misericordia sono aperte, spargo tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla fonte della Mia Misericordia; l’anima che andrà a confessarsi e farà la Santa Comunione riceverà il perdono completo dei peccati e delle pene” – dicono le parole di Gesù nel Diario di S. Faustyna.
Venerdì Santo del Papa – 5 pensieri di S. Giovanni Paolo II nel sedicesimo anniversario della sua morte
Il 16 ° anniversario della morte di S. Giovanni Paolo II coincide con il Venerdì Santo. Nel 2005, gli ultimi giorni della vita del Papa polacco sono caduti nei primi giorni del tempo pasquale. Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre alla vigilia della Domenica della Divina Misericordia da lui stesso stabilita. Molti sottolineano il simbolismo dell’intreccio di queste date. In un’intervista al PAP (Agenzia di Stampa Polacca), l’ex Segretario del Papa, il Card. Stanisław Dziwisz, sottolinea che il trapasso del Santo Padre è stato una lezione di fiducia illimitata nella misericordia di Dio.
Cosa ci dice S. Papa Giovanni Paolo II della morte, della croce, ma anche della verità della misericordia di Dio?
- “Ognuno di voi viene esortato ad ascoltare le parole del Signore: «se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23): la croce del rifiutare il modo di pensare che contraddice gli insegnamenti di Gesù; la croce del rifiutare desideri e atteggiamenti che non sono degni dei seguaci di Cristo. Siete invitati a permettere alla grazia trasformatrice che scaturisce dalla Croce di Cristo di entrare nelle vostre vite – specialmente attraverso l’accettazione del Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione” – Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II Ai giovani partecipanti alla «via crucis» durante la Giornata Mondiale dei Giovani, Manila – Venerdì, 13 gennaio 1995.
- “Dove l’uomo potrebbe cercare la risposta ad interrogativi drammatici come quelli del dolore, della sofferenza dell’innocente e della morte, se non nella luce che promana dal mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo?” Enciclica “Fides et Ratio”, Vaticano, 14 settembre 1998 p. 12.
- “Padre Massimiliano esce dalla fila, per essere accettato come un candidato al ‘bunker della fame’, al posto di Franciszek Gajowniczek: egli prende la decisione, nella quale si manifesta al tempo stesso la maturità del suo amore e la forza dello Spirito Santo, e compie questa decisione evangelica fino in fondo: dà la vita per un fratello
(…) Anche Massimiliano Kolbe subì la morte: alla fine, gli venne dato il colpo di grazia con un’iniezione mortale. Tuttavia, in questa morte si manifestò insieme la vittoria spirituale sulla morte, simile a quella che ebbe luogo sul Calvario. E dunque egli ‘non subì’ la morte, ma ‘diede la vita’ per un fratello. In questo c’è la vittoria morale sulla morte. ‘Dare la vita per un fratello’ vuol dire diventare, in qualche modo, ministro della propria morte”. – II pellegrinaggio in Polonia. Omelia durante la S. Messa; Niepokalanów 18 giugno 1983.
- “Ciò che avvenne all’indomani dell’istituzione dell’Eucaristia, anche quello superava l’ambito della comprensione umana: la crocifissione di Dio, la morte del Figlio di Dio sull’albero dell’ignominia.
E tuttavia dobbiamo annunziare proprio questa morte, poiché per mezzo suo si è manifestata la vita invincibile. Suo tramite si è anche compiuta la verità sacramentale dell’Eucaristia, così inconcepibile per l’uomo.
Io sono la verità. Come verità sono via e sono vita. Noi crediamo in questa vita.
Il giorno della risurrezione, Cristo confermò definitivamente la veracità di tutta la missione messianica” – IV Pellegrinaggio in Polonia. Omelia durante la S. Messa; Olsztyn, 6 giugno 1991
- “Facciamo nostra l’esclamazione del Salmista, che abbiamo cantato nel Salmo responsoriale: eterna è la misericordia del Signore! Per comprendere sino in fondo la verità di queste parole, lasciamoci condurre dalla liturgia nel cuore dell’evento di salvezza, che unisce la morte e la risurrezione di Cristo alla nostra esistenza e alla storia del mondo. Questo prodigio di misericordia ha radicalmente mutato le sorti dell’umanità. E’ un prodigio in cui si dispiega in pienezza l’amore del Padre che, per la nostra redenzione, non indietreggia neppure davanti al sacrificio del suo Figlio unigenito” – Omelia durante la S. Messa nella II Domenica di Pasqua; Vaticano, 22 aprile 2001.
Lo straordinario destino della croce del Papa
Introduzione: il 2 aprile di quest’anno sono 16 anni senza Giovanni Paolo II. Quest’anno cade il venerdì santo. Il 25 marzo 2005, poco prima della morte del Papa, è stato un giorno eccezionale, era il Venerdì Santo. Ricordiamo Giovanni Paolo II, già gravemente ammalato, che, seduto nella sua cappella si collegò attraverso la trasmissione con i partecipanti alla Via Crucis al Colosseo. Lui stesso non poteva più guidarlo personalmente. Le immagini che sono circolate in tutto il mondo mostravano il Papa che abbracciava la croce. Forse non sappiamo quanto sia stato straordinario il destino di questa croce unica, creata in Polonia, a Stefkowa, sui monti Bieszczady.
A suo tempo la TV Trwam aveva preparato un servizio dal titolo “la Croce Santa, al di sopra di tutto!” Presentava la storia di Janina Trafalska, che all’età di 29 anni aveva vissuto una grande tragedia: era caduta dalla finestra e si era danneggiata la spina dorsale. Divenne invalida. Aveva subito molti mesi di cure. Durante questo periodo, il marito di Janina – Stanisław – faceva la sua Via Crucis sui monti Bieszczady, cosa che raccontò a sua moglie solo anni dopo; e si unì ad essa nel dolore. Dopo aver terminato la terapia, la donna polacca si ribellò; aveva rancore contro Dio, voleva isolarsi dalle persone. Le parole di incoraggiamento non la aiutavano; Janina non riusciva a capire perché le fosse successo e perché i suoi sogni fossero stati rovinati.
Nel 1996 Stanisław Trafalski aveva scolpito due croci: ne offerse una al sacerdote di Rzeszów, l’altra a sua moglie.
Una volta, il capo del comune locale si recò con una delegazione in Vaticano. Chiese a Stanisław di realizzare qualcosa per Giovanni Paolo II. La signora Trafalska decise di donare al Papa la propria croce. In questo modo essa è giunta a Roma. Giovanni Paolo II la donò al suo segretario, Don Mieczysław Mokrzycki, attualmente Arcivescovo in servizio in Ucraina.
Quando il 25 marzo 2005 il Papa chiese una croce durante la celebrazione della XIV stazione della via crucis, il segretario gli diede proprio quella, che aveva preso dalla sua stanza.
La famiglia Trafalski riconobbe questa croce. È stata per loro una grande esperienza e un onore. La signora Trafalska si sentiva addirittura indegna, ricordando la sua ribellione contro la sofferenza.
Sul portale niedziela.pl possiamo leggere la sorte successiva della croce di Stefkowa. Nel 2007, Don Mieczysław Mokrzycki divenne vescovo. Lasciò il Vaticano e portò con sé la croce del Papa. La diede ai suoi genitori, che a loro volta consegnarono la reliquia al parroco di Kraczkowa – Don Mieczysław Bizior – che la collocò in chiesa. Successivamente si inaugurò un pellegrinaggio della croce in altre parrocchie del territorio di Przemyśl.
Così, la croce del Papa ha unito le sofferenze di Giovanni Paolo II e di Janina Trafalska con le sofferenze di Gesù Cristo.
La signora Trafalska avrebbe potuto immaginare un destino più straordinario di questa croce?
Didascalia della foto: Il Papa con in mano la croce scolpita da Stanisław Trafalski